Monterotondo
Una serie di “vette” salgono dall’abitato di Sestino fino al colle di Monterotondo, segnando un profilo di straordinaria dentellatura nell’Appennino che guarda il ciclopico Sasso di Simone. Una antica strada correva lungo le creste, con un lato scavato, nelle ere geologiche, dal torrente Seminico, fino a incrociare altra strada, certamente medievale che saliva da Presciano, per il longobardo insediamento di Civitello.
La “forma” è nel nome, la storia più tra miti e leggende che in documenti rinvenuti. Ma ciò aumenta il mistero del “genius loci”. Montetondo- o anche Monterotondo- ha l’appellativo significativo di Castellaccio. Era dunque un castello e in zona originariamente del Montefeltro, poi della Massa Trabaria gli insedimenti castellari sono documentati attorno al 1100. Non tutti hanno avuto grande fortuna e qualcuno, per instabilità del terreno, per assalti di soldataglie, per migrazioni al variare del clima, sono stati abbandonati e qualificati “castellacci”: ma ciò significa solo “castello abbandonato”, come “muracci”- toponimo lì vicino- o i “murazz” veneziani.
Fu insediamento in un nodo viario strategico nel tempo e il rotolare delle mura, lo scivolio delle pietre hanno sconvolto le strutture edilizie, le torri angolari, i piccoli quartieri: che si intravedono sul colle, dove ogni tanto qualche avventuriero è andato a scavare per cercare il “vitello d’oro” o la “pignatta del tesoro”. Riaffiorano, così, gli spazi domestici, i pavimenti in pietra: “inviti” per una storia archeologica da scavare e trascrivere.
Ebbe una chiesa? Forse un oratorio, come in tutti i castelli del circondario. Non ebbe, forse, molta popolazione, tant’è che gli abitati rurali della zona figurano, nei documenti del Quattrocento, appartenenti a varie Comunità: doveva essere soprattutto un punto di controllo strategico nelle lotte tra Bizantini e Longobardi, in una posizione difesa dalla stessa natura, giacchè non si può escludere, come per altre località (Monteromano, Torre Bolgioni…), l’arroccamento delle popolazioni romane di fronte ai nuovi popoli che avanzavano…
Quando, ormai secoli dopo, si tratta di Costituire il Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone (1575) figura ancora, tra le Comunità della Podesteria di Sestino, anche Monterotondo ma poi non è elencata tra le comunità obbligate dal Granducato di Firenze a costituire la nuova struttura giurisdizionale. Ma già il dato attesta un passato di maggiore importanza.
Terrazza lanciata tra terra e cielo, tra le chiome delle querce, dei cerri, dei carpini; tra le ginestre che cesellano le alture e la rosa canina che offre delicati arcobaleni di rosa, lo sguardo spazia non solo sull’antico Municipium di Sestino, sul Castello di S.Donato, e verso le alture di Urbino ma sulle vette dell’Appennino – caro al dio romano Poeninus – sull’Alpe della Luna ( legata a Diana , dea “luminosa”), fino alle “cupole” lontane del Monte Nerone e del Catria e ai profili raffaelleschi dell’Umbria e delle Marche.
Qui, tra realtà e mito, si può ancora sognare.
Giancarlo Renzi
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