Flora e Fauna, aspetto geologico e reperti fossili
Aspetto Geologico
L’alta valle del Foglia, situata al confine fra la Toscana e le Marche, costituisce una delle aree che maggiormente esprimono la complessa storia geologica dell’Appennino settentrionale. Infatti, questa zona rappresenta in maniera speculare, l’orogenesi dell’Appennino e la traslazione di enormi placche di terreni miocenici strappati dal fondali del vecchio oceano, (Tetide) ed elevate alle quote attuali dalle enormi forze endogene che hanno dato origine all’Appennino stesso. Quindi, quest’area si presenta in condizione di “disequilibrio geomorfologico”.
Le colate costituiscono la tipologia di dissesto più frequente e di maggiore importanza. L’intensità delle stesse è correlabile alle fluttuazioni climatiche che si sono succedute nel corso dell’Olocene; esempi rappresentativi sono costituiti dal municipio romano di Sestinum, probabilmente sepolto, dopo il suo abbandono, da una grande colata di terra nel periodo freddo-umido fra il 400 e il 750 d. C.
Aspetto faunistico
Quest’area si manifesta come un’isola felice, quasi dimenticata da una gestione predatoria ed irresponsabile.
Le specie animali, che vi circolano e che qui hanno deciso di stabilirsi, sono tante e dislocate secondo il tipo di ambiente che viene a manifestarsi.
Nelle formazioni forestali, quindi le zone più ombrose ed umide rintracciamo tra gli Anfibi: la Salamandra, la Rana agile e la Rana greca. Tra gli Uccelli incontriamo: lo Sparviere, il Lodaiolo, il Falco picchiaiolo, la Poiana, l’Allocco e il Gufo comune. Di notevole importanza i Paciformi: il Picchio verde, il Picchio rosso maggiore,
Picchio rosso minore, il Succiacapre.
Tra i mammiferi ricordiamo: la presenza stabile del Lupo, il Capriolo, il Daino, il Cinghiale ed anche il Ghiro e lo Scoiattolo.
Flora e vegetazione
Iniziamo col dire che per flora si intende il catalogo delle piante nel territorio considerato. Se non viene espressamente specificato, ci si riferisce alle piante vascolari cioè alle Angiosperme, alle Gimnosperme ed alle Pteridofite. Per vegetazione, si intendono invece gli aggregati e le mescolanze che individui di diversa specie producono sulla superficie terrestre o all’interno dei corpi idrici.
Ricordiamo che la flora italiana conta circa 5600 specie ed è la più ricca d’Europa, la flora toscana arriva a circa 3000 specie e quella marchigiana a circa 2800 specie. In questo territorio tosco-marchigiano alcune piante sono particolarmente rare e localizzate. Si tratta per lo più, di specie che qui raggiungono, da nord a sud, i propri limiti distributivi.La maggior parte delle piante che troviamo (stimabili come 40-50%) sono delle erbacee perenni, che sopravvivono in inverno portando le proprie gemme a livello del suolo. Un’altra importante forma biologica
(stimabile nel 25-30%) è quella delle terofite, questa specie sopravvive all’inverno o ai momenti di eccessiva aridità con i propri semi che rimangono quiescenti nel terreno. Troviamo ancora le geofite che lasciano i loro bulbi e rizomi, portatori di gemme, all’interno del suolo. Infine, stimabile con una presenza del 5%, troviamo le camefite che sono quelle specie di piccoli arbusti o erbe perenni che mantengono le gemme a breve distanza dal suolo, massimo 40-50 cm.
Reperti Fossili
I numerosi reperti fossili di vegetali, invertebrati e vertebrati, ritrovati nei terreni affioranti nell’area contribuiscono a chiarire l’evoluzione geologica di questa porzione di Appennino.
La conoscenza degli ambienti in cui hanno vissuto i taxa riconosciuti ci permette di ricostruire le fasi geologiche che hanno portato all’attuale situazione morfologica.
In una delle grandi colate di fango intorno al Sasso di Simone sono stati ritrovati tronchi di albero, il cui rinvenimento è di notevole importanza in quanto permette di datare il fenomeno franoso. Su un primo tronco è stata eseguita un’analisi morfologica presso l’Istituto di Ricerca sul Legno del CNR di Firenze (a cura del dott. U. Tamburini), sia una datazione radiometrica con il metodo del carbonio 14, presso il Laboratorio Radiocarbonio del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Università La Sapienza di Roma (a cura del prof. G. Calderoni).
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